Umberto I
UMBERTO I (1844-1900; regnò 1878-1900), re d’Italia.
Nato il 14 marzo 1844, Umberto ricevette il grado di capitano al suo quattordicesimo compleanno. Ricoprì una serie di comandi militari a partire dall’ottobre 1862 e vide l’azione a Custoza contro l’Austria nel 1866. Sposò sua cugina Margherita, figlia di Ferdinando, il duca di Genova, il 22 aprile 1863. Umberto divenne re d’Italia quando suo padre, Vittorio Emanuele II, morì il 9 gennaio 1878. Dimenticando l’esempio di suo padre, ignorò l’eredità di Casa Savoia e prese il titolo di Umberto I piuttosto che Umberto IV. Appena dieci mesi dopo essere salito al trono, l’anarchico Giovanni Passanante tentò di accoltellarlo (17 novembre 1878). Umberto ne uscì illeso, ma ventidue anni dopo un altro anarchico riuscì ad ucciderlo.
Re Umberto ereditò la sfida di stabilire le infrastrutture, le leggi e le istituzioni per il nuovo stato italiano unito e di assicurare il suo posto tra le potenze europee. Il fazionalismo politico e le tensioni della modernizzazione economica produssero tensioni e tumulti crescenti durante il suo regno. Per rendere popolare la monarchia, Umberto viaggiò molto in Italia e visitò regolarmente i luoghi di terremoti, inondazioni ed epidemie per confortare le vittime. I suoi sforzi per entrare in contatto con il popolo gli valsero l’etichetta di “re buono”. Ma Umberto non limitò i suoi doveri alla cerimonia. Svolse un ruolo nell’allontanare l’Italia dalla Francia e nell’alleanza con la Germania e l’Austria-Ungheria, usando i suoi legami personali con altri monarchi per spianare la strada. Incoraggiò anche le ambizioni imperialiste dell’Italia in Africa.
Il ruolo del re nella politica interna produsse controversie all’epoca e nelle valutazioni storiche del suo regno. Egli accettò una serie di deboli gabinetti diretti da primi ministri di sinistra, tra cui Agostino Depretis, Benedetto Cairoli e Francesco Crispi. Negli anni 1890 questi governi affrontarono il malcontento agrario e urbano e il crescente potere dei socialisti. Industriali e proprietari terrieri allarmati sostennero la sospensione delle garanzie costituzionali per far rispettare l’ordine pubblico. In un contesto di maggioranze rapidamente fluttuanti e gabinetti deboli, Umberto permise ai primi ministri di legiferare per decreto reale. La persistente debolezza del parlamento portò legislatori influenti come Sidney Sonnino a chiedere il ritorno a un’autorità reale ancora più forte.
Nel 1898 gli alti prezzi del pane intensificarono l’agitazione popolare, e in maggio scoppiò un’insurrezione a Milano. Il governo impose la legge marziale e il generale Fiorenzo Bava Beccaris ripristinò l’ordine, con notevoli perdite di vite civili. Nonostante l’indignazione di socialisti, repubblicani e anarchici, il 9 giugno 1898 il re proclamò la sua gratitudine ai soldati, decorò Bava Beccaris per merito e lo nominò senatore (16 giugno). Sperando in un governo saldo, nominò allora un militare, il generale Luigi Pelloux, primo ministro. Pelloux pose fine alla legge marziale e presentò al parlamento proposte che limitavano la libertà di stampa, di riunione e di associazione. Quando i deputati di sinistra tentarono di ostacolarne il passaggio, Pelloux sospese la sessione parlamentare (22 giugno 1899) e impose le leggi di ordine pubblico per decreto (28 giugno 1899). L’anno seguente i tribunali annullarono i decreti, e nuove elezioni (3 giugno e 10 giugno 1900) restituirono una maggioranza favorevole al governo. Pelloux si dimise comunque, e il re nominò il moderato Giuseppe Saracco per sostituirlo.
Questa “faccia liberale” mise fine agli sforzi dei conservatori di aggirare il parlamento e di rivitalizzare il governo rafforzando il potere reale. Secondo alcuni storici, Umberto aveva appoggiato quello che equivaleva a un colpo di stato legale durante la crisi di fine secolo. Altri criticano la sua passività di fronte alla debolezza parlamentare e alle iniziative autocratiche di politici come Crispi. Quando inaugurò il nuovo parlamento il 16 giugno 1900, Umberto sottolineò la sua intenzione di mantenere l’impegno con cui aveva iniziato il suo regno: la difesa delle libertà costituzionali. Sei settimane dopo, il 29 luglio 1900, Gaetano Bresci, operaio della seta e anarchico, uccise Umberto a Monza, proclamando che il rinnovamento dell’Italia iniziava con l’eliminazione della sua testa simbolica. I giudizi su Umberto variano, e mentre pochi gli attribuiscono il merito di aver salvato la monarchia o lo accusano di averla distrutta, la maggior parte concorda sul fatto che le sue azioni causarono serie discussioni sui suoi meriti.
Vedi ancheItalia; Vittorio Emanuele II.
bibliografia
Fonti primarie
Farini, Domenico. Diario di fine secolo. A cura di Emilia Morelli. Roma, 1961. Fornisce uno sguardo all’interno della vita politica da uno stretto consigliere di Re Umberto.