Plesiosaurus

Gen 4, 2022
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Nome:Plesiosaurus(Quasi lucertola).
Fonetico: Pleh-see-oh-sore-us.
Nominato da: William Conybeare & Henry De laBeche – 1821.
Classificazione: Chordata, Reptilia,Sauropterygia, Plesiosauria, Plesiosauroidea, Plesiosauridae.
Specie: P. dolichodeirus (tipo).
Dieta: Piscivoro.
Dimensioni: Circa 3,5 metri di lunghezza.
Sedi note: Inghilterra – Gruppo Lias.
Periodo temporale: Probabilmente dal tardo Retico del Triassico al Sinemuriano del Giurassico.
Rappresentazione fossile: Molti esemplari.

Primo e più famoso membro del gruppo dei plesiosauri, il Plesiosaurus ha fatto scalpore al momento della sua scoperta in quanto nulla di simile era conosciuto in precedenza.Sfortunatamente Plesiosaurus soffrì dell’effetto taxon del cestino degli scarti, poiché qualsiasi insieme di resti lontanamente simili ad esso finì per essere assegnato al genere senza ulteriori riflessioni (un metodo di classificazione che colpì anche molti altri animali preistorici come il dinosauro Megalosaurus e lo pterosauro Pterodactylus).Lo studio successivo dei fossili di Plesiosaurus avrebbe rivelato che molti di questi resti in realtà rappresentavano plesiosauri completamente diversi. I nuovi generi di Plesiosaur creati dalla riclassificazione delle specie di plesiosaurus includono Hydrorion e Seeleyosaurus. Alcuni fossili di Plesiosaurus sono stati rinominati come il genere Occitanosaurus, ma quel genere è stato ora rinominato con Microcleidus.
Quanto tempo Plesiosaurus ha trascorso in acqua è stato a lungo oggetto di dibattito.L’arte classica e le ricostruzioni dei primi anni della paleontologia dei rettili marini lo raffiguravano come capace di camminare sulla terraferma così come poteva nuotare nell’oceano. Anche il lungo collo era quasi sempre raffigurato come sparato fuori dall’acqua e inarcato in forti curve, ma oggi entrambe queste raffigurazioni sono ritenute altamente improbabili.
Gli arti di Plesiosaurus, che una volta erano gambe nei suoi antenati, si sono evoluti in pinne che sono in realtà piuttosto rigide. Questo le rende migliori per remare attraverso l’acqua, ma ingombranti sulla terraferma, e sicuramente non in grado di sollevare il corpo di Plesiosaurus da terra. Al massimo Plesiosaurus sarebbe in grado di tirare il suo corpo con le pinne anteriori mentre spinge con quelle posteriori. Questo potrebbe renderlo in grado di lasciare l’acqua ma non per una grande distanza nell’entroterra.Forse è più probabile che Plesiosaurus si spinga attraverso le secche dove l’acqua non era abbastanza profonda da far galleggiare il suo intero corpo, ma ancora in grado di sostenere parte del peso e della massa in modo che le pinne non dovessero “sollevare” così tanto.

La costruzione e la composizione del collo stesso è in realtà presa come la prova più forte per uno stile di vita interamente, se non quasi interamente acquatico. A lungo presunto da molte persone di essere in grado di piegare curve forti, la ricostruzione delle vertebre ha rivelato che il collo era sorprendentemente inflessibile con solo archi dolci lungo tutta la lunghezza del collo è possibile.Questo significa che il collo era più stabile quando si proiettava orizzontalmente in avanti. Questo significa anche che il Plesiosaurus probabilmente non poteva portare la sua testa e il suo collo in alto da terra se mai avesse lasciato l’acqua, e se mai l’avesse fatto, la testa e il collo avrebbero dovuto essere appoggiati a terra per sostenere il peso e la massa che i muscoli del collo erano incapaci di fare senza il supporto galleggiante dell’acqua circostante.
E’ molto probabile che il collo fosse lungo per permettere al Plesiosaurus di raggiungere ulteriormente la preda.Data l’intrinseca debolezza e inflessibilità del collo, le vecchie teorie che ritraggono il Plesiosauro che spara la testa e il collo in aria e scende ad arco su un banco di pesci non sono più considerate accurate. Invece il Plesiosauro potrebbe essersi avvicinato alla preda dal lato o anche dal basso, nascondendo il suo grande corpo nel torbido delle profondità inferiori in modo che i pesci non si rendessero conto del pericolo.
Se il Plesiosauro era capace e, in tal caso, quanto tempo ha trascorso sulla terraferma, è stato anche parte della discussione se ha deposto uova o ha dato alla luce giovani vivi. Il Plesiosauro può aver lottato la sua strada su una spiaggia come fanno le tartarughe oggi, forse anche utilizzando un’alta marea per portarlo fino alla riva come era in grado di raggiungere e poi deporre le uova nella sabbia appena oltre la portata della marea.Tale comportamento sarebbe stato rischioso in quanto il Plesiosaurus avrebbe probabilmente bisogno delle maree per riportarlo in mare, e potrebbe essere stato vulnerabile ai predatori terrestri nel processo.
Mentre quanto sopra è una teoria praticabile, bisogna ricordare che il precedente per la nascita dal vivo esiste in altri rettili marini, e può tornare agli antenati del plesiosauro, i nothosauri, come indicato dal materiale fossile potenziale del piccolo nothosauro Lariosaurus.Se il livebirth è il caso di Plesiosaurus, allora è una ragionevole proposta che potrebbe non essersi mai avventurato sulla terra e ha trascorso tutta la sua vita in acqua.

Altra lettura
– Una revisione della classificazione dei Plesiosauria con un synopsisof la distribuzione stratigrafica e geografica del gruppo -Lunds Universitets Årsskrift, N. F. Avd. 2. 59, 1-59 – P. O. Persson -1963.
– The English Upper Jurassic Plesiosauroidea (Reptilia) and a review ofthe phylogeny and classification of the Plesiosauria – Bulletin of the British Museum (Natural History) 35(4):253-347 – D. S. Brown – 1981.
– Narici dorsali e olfatto subacqueo guidato idrodinamicamente negli eplesiosauri – Nature, 352, 62-64 – A. R. I. Cruickshank, P. G. Small& M. A. Taylor – 1991.
– Chiarimento morfologico e tassonomico del genere Plesiosaurus-G. W. Storrs – 1997 – In Ancient Marine Reptiles 145-190 – J. M.Callaway & E. Nicholls (eds).
– Rivalutazione dell’olotipo di Plesiosaurus (Polyptychodon)mexicanus, Wieland, 1910 dal Giurassico superiore del Messico: atalattosuchiano, non un sauropterygian – Revista Mexicana de CienciasGeológicas 25(3):517-522 – M. -C. Buchy – 2008.

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