Meccanica quantistica
La meccanica quantistica è, cronologicamente parlando, l’ultima delle grandi branche della fisica. Fu formulata all’inizio del XX secolo, quasi contemporaneamente alla teoria della relatività, anche se il grosso della meccanica quantistica fu sviluppato a partire dal 1920 (la teoria della relatività speciale è del 1905 e la teoria della relatività generale del 1915).
All’avvento della meccanica quantistica c’erano diversi problemi irrisolti nell’elettrodinamica classica. Il primo di questi problemi era l’emissione di radiazioni da qualsiasi oggetto in equilibrio, chiamato radiazione termica, che è la radiazione che proviene dalla vibrazione microscopica delle sue particelle costituenti. Usando le equazioni dell’elettrodinamica classica, l’energia emessa da questa radiazione termica tendeva all’infinito, se si sommavano tutte le frequenze emesse dall’oggetto, con un risultato illogico per i fisici. Anche la stabilità degli atomi non poteva essere spiegata dall’elettromagnetismo classico, e la nozione che l’elettrone fosse o una particella classica puntiforme o un guscio sferico a dimensioni finite era altrettanto problematica per questo.
Radiazione elettromagneticaModifica
Il problema della radiazione elettromagnetica da un corpo nero fu uno dei primi problemi risolti nell’ambito della meccanica quantistica. È all’interno della meccanica statistica che le idee quantistiche sono emerse per la prima volta nel 1900. Il fisico tedesco Max Planck escogitò un espediente matematico: se nel processo aritmetico l’integrale di queste frequenze veniva sostituito da una somma non continua (discreta), allora non si otteneva più l’infinito come risultato, eliminando così il problema; inoltre, il risultato ottenuto concordava con quanto misurato successivamente.
Fu Max Planck che enunciò poi l’ipotesi che la radiazione elettromagnetica è assorbita ed emessa dalla materia sotto forma di “quanti” di luce o fotoni quantizzati di energia introducendo una costante statistica, che fu chiamata costante di Planck. La sua storia è inerente al XX secolo, da quando la prima formulazione quantistica di un fenomeno fu resa nota dallo stesso Planck il 14 dicembre 1900 in una sessione della Società di Fisica dell’Accademia delle Scienze di Berlino.
L’idea di Planck sarebbe rimasta per molti anni solo come un’ipotesi completamente non verificata se Albert Einstein non l’avesse ripresa, proponendo che la luce, in certe circostanze, si comporta come particelle di energia (i quanti di luce o fotoni) nella sua spiegazione dell’effetto fotoelettrico. Fu Albert Einstein che nel 1905 completò le leggi del moto corrispondenti nella sua teoria speciale della relatività, dimostrando che l’elettromagnetismo era una teoria essenzialmente non meccanica. Usò questo punto di vista cosiddetto “euristico” per sviluppare la sua teoria dell’effetto fotoelettrico, pubblicando questa ipotesi nel 1905, che gli valse il premio Nobel per la fisica nel 1921. Questa ipotesi fu anche applicata per proporre una teoria del calore specifico, cioè la quantità di calore necessaria per aumentare di un’unità la temperatura di una massa unitaria di un corpo.
Il prossimo passo importante fu fatto intorno al 1925, quando Louis De Broglie propose che ogni particella materiale ha una lunghezza d’onda associata, inversamente proporzionale alla sua massa, e alla sua velocità. Così fu stabilita la dualità onda/materia. Poco dopo Erwin Schrödinger formulò un’equazione del moto per le “onde di materia”, la cui esistenza era stata proposta da De Broglie e che vari esperimenti suggerivano essere reali.
La meccanica quantistica introduce una serie di fatti controintuitivi che non apparivano nei paradigmi fisici precedenti; rivela che il mondo atomico non si comporta come ci aspetteremmo. Qui vengono introdotti per la prima volta i concetti di incertezza o di quantizzazione. Inoltre, la meccanica quantistica è la teoria scientifica che ha fornito le previsioni sperimentali più accurate finora, nonostante sia soggetta a probabilità.
Instabilità degli atomi classiciModifica
Il secondo problema importante che la meccanica quantistica risolse attraverso il modello di Bohr fu quello della stabilità degli atomi. Secondo la teoria classica, un elettrone che orbita intorno a un nucleo carico positivamente dovrebbe emettere energia elettromagnetica e quindi perdere velocità fino a cadere sul nucleo. L’evidenza empirica era che questo non accadeva, e sarebbe stata la meccanica quantistica a risolvere questo fatto prima attraverso postulati ad hoc formulati da Bohr e poi attraverso modelli come il modello atomico di Schrödinger basato su ipotesi più generali. Il fallimento del modello classico è spiegato qui sotto.
Nella meccanica classica, un atomo di idrogeno è un tipo di problema a due corpi in cui il protone sarebbe il primo corpo che ha più del 99% della massa del sistema e l’elettrone è il secondo corpo che è molto più leggero. Per risolvere il problema dei due corpi è conveniente fare la descrizione del sistema, ponendo l’origine del quadro di riferimento al centro di massa della particella di massa maggiore, questa descrizione è corretta considerando come massa dell’altra particella la massa ridotta che è data da
μ = m e m p m e + m p ≈ 0 , 999 m e {displaystyle \mu,999m_{e}}
While m p {\displaystyle \scriptstyle m_{p}
la massa del protone e m e
la massa dell’elettrone. In questo caso il problema dell’atomo di idrogeno sembra ammettere una soluzione semplice in cui l’elettrone si muove in orbite ellittiche intorno al nucleo atomico. Tuttavia, c’è un problema con la soluzione classica: secondo le previsioni dell’elettromagnetismo, una particella elettrica che segue un moto accelerato, come accadrebbe descrivendo un’ellisse, dovrebbe emettere radiazione elettromagnetica, e quindi perdere energia cinetica, la quantità di energia irradiata sarebbe infatti:
d E r d t = e 2 a 2 γ 4 6 π ϵ 0 c 3 ≈ π 96 e 14 m e 2 γ 4 ϵ 0 7 h 8 c 3 ≥ 5 , 1 ⋅ 10 – 8 watt {displaystyle {dE_{r}{dt}}={frac {e^{2}a^{2}gamma ^{4}}{6}pi \epsilon _{0}c^{3}}{approx {e^{14}m_{e}^{2}}gamma ^{4}}{epsilon _{0}^{7}h^{8}c^{3}}{geq 5,1{1}{0}^{7}h^{8}c^{3}}}}}8}{{mbox{watt}}}
{displaystyle {{frac {dE_{r}}{dt}}={frac {e^{2}a^{2}}{gamma ^{4}}{6}{6}{epsilon _{0}c^{3}}{approx {e^{14}m_{e}^{2}}gamma ^{4}}{epsilon _{0}^{7}h^{8}c^{3}}{geq 5,1^{8}{1}{7659>
Questo processo porterebbe al collasso dell’atomo sul nucleo in un tempo molto breve date le grandi accelerazioni. Dai dati dell’equazione di cui sopra, il tempo di collasso sarebbe di 10-8 s, cioè, secondo la fisica classica, gli atomi di idrogeno non sarebbero stabili e non potrebbero esistere per più di un centomilionesimo di secondo.
Questa incompatibilità tra le previsioni del modello classico e la realtà osservata ha portato alla ricerca di un modello che spiegasse fenomenologicamente l’atomo. Il modello atomico di Bohr era un modello fenomenologico e provvisorio che spiegava in modo soddisfacente ma euristico alcuni dati, come l’ordine di grandezza del raggio atomico e gli spettri di assorbimento dell’atomo, ma non spiegava come fosse possibile che l’elettrone non emettesse radiazione perdendo energia. La ricerca di un modello più adeguato ha portato alla formulazione del modello atomico di Schrödinger in cui si può dimostrare che il valore atteso dell’accelerazione è zero, e su questa base si può dire che anche l’energia elettromagnetica emessa dovrebbe essere zero. Tuttavia, a differenza del modello di Bohr, la rappresentazione quantistica di Schrödinger è difficile da comprendere in termini intuitivi.
Sviluppo storicoModifica
La teoria quantistica è stata sviluppata nella sua forma base durante la prima metà del XX secolo. Il fatto che l’energia viene scambiata in forma discreta è stato evidenziato da fatti sperimentali come i seguenti, inspiegabili con i precedenti strumenti teorici della meccanica classica o dell’elettrodinamica:
- Spettro della radiazione del corpo nero, risolto da Max Planck con quantizzazione dell’energia. L’energia totale del corpo nero si è rivelata assumere valori discreti piuttosto che continui. Questo fenomeno è stato chiamato quantizzazione, e i più piccoli intervalli possibili tra i valori discreti sono chiamati quanti (singolare: quantum, dalla parola latina per “quantità”, da cui il nome meccanica quantistica). La grandezza di un quanto è un valore fisso chiamato costante di Planck, che è 6,626 ×10-34 joule al secondo.
- In certe condizioni sperimentali, oggetti microscopici come atomi o elettroni mostrano un comportamento ondulatorio, come nell’interferenza. In altre condizioni, le stesse specie di oggetti mostrano un comportamento corpuscolare, simile a quello delle particelle (“particella” significa un oggetto che può essere localizzato in una particolare regione dello spazio), come nella dispersione delle particelle. Questo fenomeno è noto come dualità onda-particella.
- Le proprietà fisiche degli oggetti con storie associate possono essere correlate, in una misura proibita per qualsiasi teoria classica, solo se si fa riferimento ad entrambe allo stesso tempo. Questo fenomeno è chiamato entanglement quantistico e la disuguaglianza di Bell descrive la sua differenza dalla correlazione ordinaria. Le misurazioni delle violazioni della disuguaglianza di Bell furono alcune delle principali verifiche della meccanica quantistica.
- Spiegazione dell’effetto fotoelettrico, data da Albert Einstein, in cui riapparve questa “misteriosa” necessità di quantizzare l’energia.
- Effetto Compton.
Lo sviluppo formale della teoria fu lo sforzo congiunto di diversi fisici e matematici dell’epoca, tra cui Schrödinger, Heisenberg, Einstein, Dirac, Bohr, Von Neumann e altri (la lista è lunga). Alcuni degli aspetti fondamentali della teoria sono ancora in fase di studio. La meccanica quantistica è stata anche adottata come teoria di base di molti campi della fisica e della chimica, tra cui la fisica della materia condensata, la chimica quantistica e la fisica delle particelle.
La regione di origine della meccanica quantistica può essere situata nell’Europa centrale, in Germania e Austria, e nel contesto storico del primo terzo del XX secolo.
Presupposti principaliModifica
I presupposti principali di questa teoria sono i seguenti:
- Poiché è impossibile fissare sia la posizione che la quantità di moto di una particella, si rinuncia al concetto di traiettoria, vitale nella meccanica classica. Invece, il moto di una particella può essere spiegato da una funzione matematica che assegna, in ogni punto dello spazio e in ogni istante, la probabilità che la particella descritta si trovi in quella posizione in quell’istante (almeno, nell’interpretazione più usuale della meccanica quantistica, quella probabilistica o di Copenhagen). Da questa funzione, o funzione d’onda, si estraggono teoricamente tutte le quantità di moto necessarie.
- Ci sono due tipi di evoluzione temporale, se non avviene nessuna misura lo stato del sistema o la funzione d’onda evolve secondo l’equazione di Schrödinger, invece, se viene fatta una misura sul sistema, questo subisce un “salto quantico” verso uno stato compatibile con i valori della misura ottenuta (formalmente il nuovo stato sarà una proiezione ortogonale dello stato originale).
- Ci sono notevoli differenze tra stati legati e non legati.
- L’energia non viene scambiata continuamente in uno stato legato, ma in una forma discreta che implica l’esistenza di pacchetti minimi di energia chiamati quanti, mentre negli stati non legati l’energia si comporta come un continuo.