Lorenz Oken
Tutti gli scritti di Oken sono illustrazioni deduttive di un principio assunto, che, con altri filosofi della scuola trascendentale, egli riteneva uguale alla spiegazione di tutti i misteri della natura. Secondo lui, la testa era una ripetizione del tronco, una specie di secondo tronco, con le sue membra e le altre appendici; questa somma delle sue osservazioni e comparazioni – poche delle quali egli diede mai in dettaglio – deve essere sempre tenuta presente nel confrontare la parte presa da Oken nell’anatomia omologica con i progressi fatti da altri coltivatori di quel ramo filosofico della scienza. L’idea dell’analogia tra il cranio, o parti del cranio, e la colonna vertebrale era stata precedentemente proposta e ventilata nelle loro lezioni da Johann von Autenrieth (1772-1835) e Carl Kielmeyer (1765-1844), e negli scritti di Johann Frank (1745-1821). Da Oken fu applicato soprattutto per illustrare il sistema mistico di Schelling: il “tutto-in-tutto” e il “tutto-in-tutte le parti”. Dai primi agli ultimi scritti di Oken sull’argomento, “la testa è una ripetizione di tutto il tronco con tutti i suoi sistemi: il cervello è il midollo spinale; il cranio è la colonna vertebrale; la bocca è l’intestino e l’addome; il naso è i polmoni e il torace; le mascelle sono gli arti; e i denti gli artigli o le unghie.” Johann von Spix (1781-1826) nel suo folio Cephalogenesis (1818), illustrò riccamente la craniologia comparata, ma presentò i fatti sotto la stessa veste trascendentale; e Georges Cuvier (1769-1832) si avvalse delle stravaganze di questi discepoli di Schelling per ridicolizzare l’intera indagine su quelle relazioni superiori delle parti all’archetipo che Sir Richard Owen (1804-1892) chiamò “omologie generali.”
La teoria vertebrale del cranio era praticamente scomparsa dalla scienza anatomica quando le fatiche di Cuvier volgevano al termine. Nell’Archetipo e Omologie dello scheletro vertebrato di Owen, l’idea non solo è stata ripresa, ma elaborata per la prima volta in modo induttivo, e la teoria è stata giustamente dichiarata come segue: “La testa non è un equivalente virtuale del tronco, ma è solo una porzione, cioè alcuni segmenti modificati, dell’intero corpo. Le mascelle sono gli ‘archi ematici’ dei primi due segmenti; non sono arti della testa” (p. 176).
Vagamente e stranamente, tuttavia, come Oken aveva mescolato l’idea con la sua concezione a priori della natura della testa, la possibilità di appropriarsene sembra aver superato il senso morale di Goethe – a meno che il poeta non si sia davvero ingannato. L’osteologia comparata aveva presto attirato l’attenzione di Goethe. Nel 1786 pubblicò a Jena il suo saggio Ueber den Zwischenkieferknochen des Menschen und der Thiere, dimostrando che l’osso intermascellare esisteva sia nell’uomo che nei bruti. Ma non una parola in questo saggio dà il più remoto indizio che egli abbia posseduto allora l’idea delle analogie vertebrali del cranio. Nel 1820, nella sua Morphologie, dichiarò per la prima volta pubblicamente che trent’anni prima della data di quella pubblicazione aveva scoperto il rapporto segreto tra le vertebre e le ossa della testa, e che aveva sempre continuato a meditare su questo argomento. Le circostanze in cui il poeta, nel 1820, racconta di aver avuto l’ispirazione dell’idea originale sono sospettosamente analoghe a quelle descritte da Oken nel 1807, per produrre lo stesso effetto sulla sua mente. In entrambi i casi viene scoperto accidentalmente un teschio sbiancato: in quello di Oken era quello di un cervo nella foresta di Harz; in quello di Goethe era quello di una pecora raccolta sulle rive del Lido, a Venezia.
Si può supporre che Oken, come Privatdozent a Gottinga nel 1806, non sapesse nulla di questa idea o scoperta inedita di Goethe, e che Goethe si accorse per la prima volta che Oken aveva l’idea dei rapporti vertebrali del cranio quando ascoltò il discorso introduttivo in cui il giovane professore, invitato dal poeta a Jena, scelse proprio questa idea come soggetto. È incredibile che Oken, se avesse adottato l’idea da Goethe, o fosse stato a conoscenza di un’anticipazione da parte sua, avrebbe omesso di riconoscere la fonte – non avrebbe piuttosto abbracciato con entusiasmo un’opportunità così appropriata di rendere grazioso omaggio all’originalità e al genio del suo patrono.
Nel 1832, Oken fu eletto membro straniero dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze.