Non mi è mai piaciuta la manipolazione modernista degli ingredienti. Mi piace il cibo vero e tradizionale e gli strumenti veri e tradizionali. Il mulino è sexy per me perché elabora il cibo in un modo così minimale e discreto.

È così vecchio stile. C’è la ciotola, che in realtà è solo un imbuto dotato di una piastra inferiore forata, e una manovella manuale. La giri e la giri, e la sua lama schiaccia il cibo attraverso i pori del mulino.

La prima cosa che ho fatto con un mulino è stata la salsa di pomodoro. Ogni estate, da bambino, nell’Upstate New York, quando nell’orto spuntavano i pomodori, la mia famiglia li passava nel mulino per eliminare bucce e semi. La passavamo in barattolo e avevamo pomodori freschi tutto l’anno. Un sacco di cucine oggi frullano i pomodori in, diciamo, un Vitamix, e poi li pressano attraverso uno chinois. Non solo questo è meno efficiente, ma trasforma il cibo in un prodotto completamente diverso. Quando si usa un mulino, quei pomodori rimangono densi, ricchi e untuosi.

Al mio ristorante Hearth a New York, usiamo un mulino per ogni genere di cose. Ci passiamo la salsa di pomodoro, ci passiamo le patate al forno al posto dello schiacciapatate per fare gli gnocchi, ci pressiamo il brodo di pesce per spremere tutto il sapore da ogni piccola lisca, e ci facciamo qualcos’altro che non è molto tradizionale, in realtà: Affettiamo le parti più belle del lombo e della pancia del pesce per il nostro crudo di dentice rosso, e poi spingiamo tutte le rifiniture attraverso i fori fini del mulino per finire con una specie di tartare di pesce. Non è una purea; è quasi come se la tritassimo molto finemente con un coltello. Lo mescoliamo con limone conservato e sale marino, ne facciamo un mucchietto, e poi ci mettiamo sopra le fette di pesce in modo da avere un contrasto strutturale.

Amo davvero queste cose. Sono durevoli come i vecchi trattori e sono a bassa tecnologia, quindi non c’è molto da rompere su di loro. Non fanno più gadget del genere.