Architettura

Mag 1, 2021
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Secondo il cliché popolare, nel più antico trattato sopravvissuto sull’argomento, De Architectura, di Vitruvio, nel I secolo a.C., si dice che l’architettura poggi su tre principi: Bellezza (Venustas), Fermezza (Firmitas) e Utilità (Utilitas). L’architettura può essere definita, quindi, come un equilibrio tra questi tre elementi, senza sopraffare nessuno degli altri. Non avrebbe senso cercare di capire un’opera di architettura senza accettare questi tre aspetti.

Tuttavia, basta leggere il trattato per rendersi conto che Vitruvio richiedeva queste caratteristiche per alcuni edifici pubblici molto particolari. Infatti, quando Vitruvio osa tentare un’analisi dell’arte di cui sta scrivendo, propone di comprendere l’architettura come composta da quattro elementi: ordine architettonico (relazione di ogni parte al suo uso), disposizione (“le specie di disposizione sono la pianta, l’alzato e la disposizione prospettica”), proporzione (“concordanza uniforme tra l’intera opera e i suoi membri”) e distribuzione (in greco οἰκονομία, oikonomia, consiste “nel dovuto e migliore uso possibile dei materiali e del terreno, e nel procurare il minor costo dell’opera raggiunto in modo razionale e ponderato”). I suoi dubbi su questo sono abbastanza intensi, perché quattro pagine più avanti divide l’architettura in tre parti: costruzione, gnomica e meccanica. Per quanto sia interessante e suggestivo, non bisogna dimenticare che questo trattato è l’unico trattato classico giunto fino a noi, e la probabilità che sia il migliore del suo tempo è piccola.

La storia delle varie versioni del trattato di Vitruvio riassume bene il conflitto nella definizione dell’architettura. Nel 1674 Claude Perrault, medico fisiologo specializzato nella dissezione dei cadaveri e buon disegnatore, pubblicò la sua traduzione abbreviata del trattato di Vitruvio, completamente riorganizzata. Il riassunto di Perrault è il mezzo con cui Vitruvio è diventato noto e che ha influenzato i trattati e le teorie dei secoli successivi. È in questa sintesi che la triade vitruviana vedrà la luce.

In generale, gli architetti più rinomati del XX secolo, tra cui Mies van der Rohe, Le Corbusier, Frank Lloyd Wright, Louis Kahn, Alvar Aalto, Luis Barragán, Tadao Ando, Richard Meier, César Pelli e Pedro Ramírez Vázquez hanno dato una definizione diversa al loro mestiere, avvicinandosi al suo scopo in modo diverso. William Morris, fondatore delle Arts and Crafts, diede la seguente definizione:

L’architettura abbraccia la considerazione di tutto l’ambiente fisico che circonda la vita umana: non possiamo sfuggirle finché siamo parte della civiltà, perché l’architettura è l’insieme delle modifiche e delle alterazioni fatte alla superficie della terra allo scopo di soddisfare i bisogni umani, eccetto solo il puro deserto.

Le prospettive dell’architettura nella civiltà, conferenza tenuta alla London Institution il 10 marzo 1881 e raccolta nel libro On Art and Socialism, Londra, 1947.

O, considerando l’opinione dell’architetto-storico Bruno Zevi:

L’architettura non deriva da una somma di lunghezze, larghezze e altezze degli elementi costruttivi che avvolgono lo spazio, ma deriva propriamente dal vuoto, dallo spazio avvolto, dallo spazio interno, in cui gli uomini muoiono e vivono.

Nazioni Unite a New York, di Le Corbusier e Oscar Niemeyer, due degli architetti più influenti del XX secolo

La differenza sostanziale tra la versione di Perrault e le precedenti sta, secondo José Luis González Moreno-Navarro, nel fatto che Perrault travisa la versione di Perrault come “travisamento dello spazio”, che Perrault travisa “il carattere sintetico dell’architettura in una visione strettamente analitica frammentata in tre rami autonomi è una conseguenza della sua struttura mentale formata durante una vita dedicata all’analisi degli organismi viventi, che evidentemente in nessun momento ha ricomposto e riportato in vita”. Al contrario, secondo Vitruvio:

Grattacieli a Yokohama, Giappone.

L’architettura è una scienza che nasce da molte altre scienze, e si adorna di un sapere molto vario; per mezzo del quale si forma un giudizio su quelle opere che sono il risultato di altre arti. La pratica e la teoria sono i suoi genitori. La pratica è la contemplazione frequente e continuata del modo di eseguire un determinato lavoro, o della semplice operazione delle mani, per la conversione della materia nel modo migliore e più finito. La teoria è il risultato del ragionamento che dimostra e spiega che il materiale battuto è stato convertito in risultato come il fine proposto. Perché l’architetto puramente pratico non è in grado di assegnare ragioni sufficienti alle forme che adotta; e anche l’architetto della teoria fallisce, cogliendo l’ombra invece della sostanza. Colui che è teorico oltre che pratico, ha quindi costruito doppiamente; capace non solo di provare l’idoneità del suo progetto, ma anche di portarlo in esecuzione.

Stadio Nazionale di Pechino “Nido d’uccello”. Cina, 2008. Opera degli architetti svizzeri Jacques Herzog e Pierre de Meuron.

In ambito accademico, il processo di produzione architettonica, o progetto, coinvolge la sensibilità come mezzo per ritagliare le diverse discipline associate, e anche se in tempi passati sono stati scritti ampi trattati, oggi il legale e il tecnico dettano le regole, ma non i modi. Così l’architettura – dal contemporaneo e supportata da nuove risorse tecnologiche – è un esercizio in cui l’ordine, la sintesi, la semiologia, la materia sono effettivamente coinvolti, ma ancora più importante di questo, è un lavoro creativo, innovativo, senza precedenti, a patto di escludere l’architettura prodotta dall’industria immobiliare.

Angkor, Cambogia.

L’importanza dell’architettura nel XX secolo è stata enorme, rappresentando non meno di un terzo dei materiali trasportati dall’umanità in quel periodo.

Durante questo periodo, non solo c’è stato un grande aumento della popolazione, con le sue corrispondenti necessità edilizie (soprattutto abitazioni), ma anche grandi movimenti di popolazioni dalle zone rurali a quelle urbane e, dopo la guerra fredda, dai paesi poveri ai paesi ricchi. I movimenti migratori hanno significato non solo un aumento della domanda di nuovi edifici nelle aree urbane, ma anche l’abbandono del patrimonio costruito che, in molti casi, è andato definitivamente perduto.

Questo costante cambiamento nelle necessità e negli usi associati all’edilizia aiuta a spiegare un’altra delle caratteristiche dell’architettura moderna. Questo costante ripensamento dei concetti, che risale all’Illuminismo, ha portato allo sviluppo di numerosi stili architettonici diversi nel tentativo di dare una risposta a questa domanda; nel XIX secolo, l’ortodossia neoclassica è stata abbandonata in favore di un eclettismo stilistico di natura storicista, dando vita a stili neogotici, neoromanici e neomudériani…. Solo con l’arrivo del XX secolo sono emersi stili veramente originali, come l’Arts and Crafts, l’Art Nouveau, il Modernismo, il Bauhaus, l’International Style, il Post-Modernismo, ecc.

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