1 Corinzi 9:19 Commenti: Infatti, pur essendo libero da tutti gli uomini, mi sono fatto schiavo di tutti, per poterne guadagnare di più.

Ago 21, 2021
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(19) Per.-La domanda è qui risolta. La sua ricompensa era quella di ottenere il maggior numero di convertiti-Ebrei (1Corinzi 9:20), Gentili (1Corinzi 9:21), deboli (1Corinzi 9:22). L’unica ricompensa che egli cercava o cercava nell’adottare quella linea di condotta, per la quale lo deridevano con l’egoismo, era, dopo tutto, il loro bene.

La parola “Per”, che introduce la risposta, sembrerebbe implicare che la ricompensa debba essere più grande. “Perché”, pur essendo un apostolo, mi sono fatto schiavo di tutti per guadagnare il maggior numero. Le parole “un numero maggiore” probabilmente includono le due idee, cioè un numero maggiore di quello che avrebbe potuto guadagnare se avesse usato i suoi diritti di apostolo, e anche un numero maggiore di convertiti di quello che è stato guadagnato da qualsiasi altro apostolo.

1 Corinzi
SERVA DEGLI UOMINI
1 Corinzi 9:19 – 1 Corinzi 9:23.
Paolo parla molto di sé, ma non è un egoista. Quando dice: “Io faccio così e così”, è un modo gentile di imporre la stessa condotta ai suoi lettori. Non imporrà loro nessun fardello che lui stesso non porti. Il leader che può dire “Vieni” non è probabile che voglia dei seguaci. Così, in questa sezione, l’Apostolo sta veramente ingiungendo ai Corinzi la condotta che dichiara essere la sua.
Il grande principio che incombe su tutti i cristiani, in vista della salvezza degli altri, è di andare il più lontano possibile senza falsità nella direzione di trovare punti di somiglianza e di contatto con coloro ai quali vorremmo raccomandare il Vangelo. C’è una contraffazione di base di questo esempio apostolico, che calpesta le credenze distintive e cerca debolmente di piacere a tutti non differenziandosi da nessuno. Questo rifilare per catturare tutti i venti non ne guadagna mai nessuno. Il signor “faccia a faccia” non è un potente evangelista. Il motivo di diventare tutto a tutti gli uomini deve essere chiaramente disinteressato, e l’assimilazione deve avere l’amore per le anime interessate e il desiderio di portare la verità a loro, e loro alla verità, chiaramente impressi su di essa, o sarà considerata, e giustamente, come mera codardia o disonestà. E non si deve tendere l’assimilazione fino al punto di nascondere la verità o di fraternizzare con il male. L’amore per il mio prossimo non può mai portarmi a unirmi a lui nel male.
Ma, mentre i limiti di questa assunzione del colore del nostro ambiente sono chiaramente segnati, c’è ampio spazio all’interno di essi per l’esercizio di questa grazia eminentemente cristiana. Dobbiamo avvicinarci alle persone se vogliamo aiutarle. Soprattutto dobbiamo identificarci con loro in simpatia e cercare di moltiplicare i punti di assimilazione, se vogliamo attirarli a Gesù Cristo. Lui stesso ha dovuto farsi uomo per guadagnare gli uomini, e i suoi servitori devono fare lo stesso, nel loro grado. La vecchia storia del maestro cristiano che si fece volontariamente schiavo, per poter parlare di Cristo agli schiavi, deve essere ripetuta nello spirito da tutti noi.

Non possiamo fare del bene stando in disparte su un’altura e lanciando giù il Vangelo alla gente sottostante. Essi devono sentire che entriamo nelle loro circostanze, pregiudizi, modi di pensare e simili, se vogliamo che le nostre parole abbiano forza. Questo è vero per tutti gli insegnanti cristiani, sia vecchi che giovani. Devi essere un ragazzo tra i ragazzi, e cercare di mostrare che entri nella natura del ragazzo, o potresti fare conferenze fino al giorno del giudizio e non fare nulla di buono.
Paolo cita tre casi in cui ha agito, e continua a farlo, secondo questo principio. Era un ebreo, ma dopo la sua conversione dovette “diventare un ebreo” con un atto distinto; cioè, si era allontanato così tanto dal suo vecchio sé, che, se avesse dovuto pensare solo a se stesso, avrebbe rinunciato a tutte le osservanze ebraiche. Ma sentiva il dovere di conciliare i pregiudizi per quanto poteva, e così, anche se avrebbe combattuto fino alla morte piuttosto che dare credito alla convinzione che la circoncisione fosse necessaria, non si fece scrupolo di circoncidere Timoteo; e, anche se credeva che per i cristiani l’intero antico rituale fosse abolito, era del tutto disposto, se ciò poteva attenuare i pregiudizi delle “molte migliaia di ebrei che credevano”, a dimostrare, con la sua partecipazione al culto del tempio, che egli “camminava con ordine, osservando la legge”. Se gli veniva detto “Tu devi”, la sua risposta poteva essere solo “Non lo farò”; ma se si trattava di conciliare, era pronto a fare di tutto per questo.
La categoria che nomina successivamente non è composta da persone diverse dalla prima, ma dalle stesse persone considerate da un punto di vista un po’ diverso. Quelli che sono sotto la legge” descrive gli ebrei, non per la loro razza, ma per la loro religione; e Paolo era disposto a prendere il suo posto tra loro, come abbiamo appena osservato. Ma non lo farà per non essere frainteso, perciò protesta che nel farlo sta volontariamente riducendo la sua libertà per uno scopo specifico. Egli non è “sotto la legge”; perché il nocciolo della sua visione della posizione del cristiano è che egli non ha nulla a che fare con quella legge mosaica in nessuna delle sue parti, perché Cristo lo ha reso libero.
La seconda classe alla quale nelle sue ampie simpatie egli è in grado di assimilarsi, è l’opposto della prima – i gentili che sono “senza legge”. Non predicava sul colle di Marte come nelle sinagoghe. Il Vangelo dalle molte facce aveva aspetti adatti ai gentili che non avevano mai sentito parlare di Mosè, e l’apostolo dalle molte facce aveva legami di somiglianza con il greco e il barbaro. Ma anche qui, la sua assimilazione di se stesso a coloro che cerca di conquistare è volontaria; perciò protesta di non essere senza legge, anche se non riconosce più gli obblighi della legge di Mosè, perché è “sotto la legge di Cristo”.

“I deboli” sono quei cristiani troppo scrupolosi-consapevoli di cui ha parlato in 1 Corinzi 8:1 – 1 Corinzi 8:13 e di cui ha esortato i fratelli più forti a rispettare le vedute ristrette, e ad astenersi dal fare ciò che potevano fare senza danneggiare la propria coscienza, per timore che, facendolo, avrebbero indotto un fratello a fare lo stesso, la cui coscienza lo avrebbe punito per questo. Questa è una lezione necessaria oggi tanto quanto, o più che al tempo di Paolo, perché i diversi gradi di cultura e le diversità di condizione, di formazione e di associazioni tra i cristiani portano necessariamente a visioni molto diverse della condotta cristiana in molte questioni. Il grande principio qui enunciato dovrebbe guidarci tutti, sia nei confronti dei compagni cristiani che degli altri. Renditi il più possibile simile a loro; limitati agli atti consentiti, in ossequio anche a ristretti pregiudizi; ma lascia che il motivo del tuo assimilarti agli altri sia chiaramente il loro più alto bene, per poterli “guadagnare”, non per te stesso ma per il tuo Maestro.
1 Corinzi 9:23 stabilisce il principio dominante di Paolo, che lo spingeva a diventare tutto per tutti gli uomini, in vista della loro salvezza, come ha detto, e lo spingeva allo sforzo e all’autodisciplina, in vista della propria, come continua a dire. “Per amore del Vangelo” sembra indicare il passato; “affinché io ne sia partecipe” indica il futuro. Non dobbiamo solo predicare il Vangelo agli altri, ma vivere di esso ed essere salvati da esso noi stessi.
1 Corinzi 9:19. Perché anche se sono libero da tutti gli uomini – Non sono obbligato a fare ciò che sembra illegale, sconveniente o svantaggioso per me stesso, per compiacere qualcuno; tuttavia mi sono fatto servo di tutti – Impegnandomi nei doveri più faticosi, per poter promuovere la loro felicità; o assecondando le persuasioni e le inclinazioni degli altri in cose indifferenti. L’espressione originale, εμαυτον εδουλωσα, è letteralmente, mi sono reso schiavo di tutti; un’espressione particolarmente bella e appropriata come usata qui dall’apostolo. “Gli schiavi lavoravano per i loro padroni senza salario, ed erano attenti ad assecondare i loro umori. E l’apostolo, mentre predicava il vangelo, si ridusse alla condizione di schiavo, sia servendo tutti gli uomini senza salario, anzi, senza esigere da loro il mantenimento, sia conformandosi ai loro pregiudizi in tutti i casi in cui poteva farlo senza peccare”. In altre parole, agiva con la stessa abnegazione nei loro interessi e con la stessa attenzione a non offenderli, come se fosse stato assolutamente in loro potere, come uno schiavo è in quello del suo padrone. Dov’è il predicatore del Vangelo che cammina sugli stessi passi? Che io possa guadagnare di più – Alla vera religione e alla salvezza; nella quale, come avrebbe potuto aggiungere, ho trovato un nobile equivalente per tutto quello che potevo fare o sopportare. Con la parola κερδησω, tradotta “potrei guadagnare”, l’apostolo indica che il suo convertire gli uomini a Cristo era una parte del guadagno o del guadagno che si proponeva di ottenere predicando il vangelo.

9:15-23 È la gloria di un ministro negare se stesso, per poter servire Cristo e salvare le anime. Ma quando un ministro rinuncia al suo diritto per il bene del vangelo, egli fa più di quanto la sua carica e il suo ufficio richiedano. Predicando il vangelo, liberamente, l’apostolo mostrò di agire da principi di zelo e amore, e così godette di molto conforto e speranza nella sua anima. E sebbene considerasse la legge cerimoniale come un giogo tolto da Cristo, tuttavia vi si sottoponeva per poter operare sui Giudei, eliminare i loro pregiudizi, convincerli ad ascoltare il vangelo e conquistarli a Cristo. Sebbene non volesse trasgredire le leggi di Cristo per compiacere alcun uomo, tuttavia si adattava a tutti gli uomini, dove poteva farlo legittimamente, per guadagnarne qualcuno. Fare del bene era lo studio e l’attività della sua vita; e, per raggiungere questo fine, non si basava su privilegi. Dobbiamo guardarci attentamente dagli estremi e dal fare affidamento su qualsiasi cosa che non sia la fiducia in Cristo soltanto. Non dobbiamo permettere errori o mancanze, in modo da ferire gli altri o disonorare il vangelo; perché anche se sono libero, sono un uomo libero. Non sono in obbligo verso nessuno. Non sono obbligato a dare loro le mie fatiche e allo stesso tempo a lavorare per il mio sostentamento. Ho delle pretese come gli altri, e potrei farle valere; e nessun uomo potrebbe pretendere che io mi dia a una vita di servitù, e che mi conformi ai loro pregiudizi e desideri, come se fossi uno “schiavo”, al fine della loro conversione; confronta 1 Corinzi 9:1; vedi le note a 1 Corinzi 6:12.

Da tutti gli uomini – (ἐκ πάντων ek pantōn). Questo può riferirsi o a tutte le “persone” o a tutte le “cose”. La parola “uomini” non è nell’originale. La connessione, tuttavia, sembra fissare il significato a “persone”. “Io sono un uomo libero. E anche se mi sono comportato come uno schiavo, tuttavia l’ho fatto volontariamente.”

Mi sono fatto servo di tutti – Greco, “Mi sono ‘asservito’ (ἐμαυτὸν ἐδούλωσα emauton edoulōsa) a tutti.” Cioè:

(1) Lavoro per loro, o al loro servizio, e per promuovere il loro benessere.

(2) Lo faccio, come fa lo schiavo, senza ricompensa o salario. Non sono pagato per questo, ma mi sottometto alla fatica, e lo faccio senza ricevere paga.

(3) come lo schiavo che vuole gratificare il suo padrone, o che è costretto dalla necessità del caso, mi adeguo ai pregiudizi, alle abitudini, ai costumi e alle opinioni degli altri per quanto posso con buona coscienza. Lo “schiavo” è soggetto alla volontà del padrone. Questa volontà deve essere obbedita. I capricci, i pregiudizi, i capricci del padrone devono essere sottomessi, anche se sono “semplici” capricci, e del tutto irragionevoli. Così Paolo dice di essersi messo volontariamente in questa condizione, una condizione che gli rendeva necessario adattarsi alle opinioni, ai pregiudizi, ai capricci e ai sentimenti di tutti gli uomini, per quanto potesse farlo con una buona coscienza, al fine di salvarli. Non dobbiamo intendere qui che Paolo abbia abbracciato opinioni false per fare questo, o che si sia sottomesso a qualcosa che è moralmente sbagliato. Ma egli si conformò ai loro costumi, alle loro abitudini e ai loro sentimenti, per quanto poteva essere fatto legittimamente. Non li offendeva inutilmente, né andava contro i loro pregiudizi.

Per guadagnare di più – Per guadagnare di più a Cristo; per essere il mezzo per salvare più anime. Che nobile esempio di abnegazione e vera grandezza è qui! Quanto è degno della religione! Che condotta elevata! Quanto magnanimo e quanto benevolo! Nessun uomo lo farebbe se non avesse una grandezza d’intelletto tale da elevarsi al di sopra dei ristretti pregiudizi, e se non avesse una nobiltà di cuore tale da cercare, con sacrificio personale, la felicità di tutti gli uomini. Si dice che non pochi dei primi cristiani, ad illustrazione di questo principio di condotta, si vendettero effettivamente in schiavitù per poter avere accesso e beneficiare gli schiavi, un atto a cui nulla avrebbe spinto un uomo se non la religione della croce; confronta la nota a Romani 1:14.

19. liberi da tutti gli uomini-cioè dal potere di tutti gli uomini.

guadagnare il più-cioè il maggior numero possibile di loro (“tutti gli uomini”). “Guadagnare” è un’espressione appropriata in relazione a una “ricompensa” (1Ts 2:19, 20); perciò egli la ripete spesso (1Co 9:20-22).

Perché anche se sono libero da tutti gli uomini; la parola uomini non è nel greco, ma è fornita dai nostri interpreti. Alcuni fanno delle cose il sostantivo, e lo limitano alle cose della legge cerimoniale. Si può intendere sia per gli uomini che per le cose; egli non era nato servo di nessuno, né per la legge di Dio era diventato servo degli umori degli uomini, ed era libero per molte altre cose, come lo era per il mantenimento delle chiese, per la fatica che aveva fatto in mezzo a loro.
Ma io mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne di più; tuttavia (dice egli) osserva la mia pratica, per guadagnare gli uomini a Cristo (così l’apostolo chiama più volte la conversione delle anime, il farle innamorare del vangelo e metterle su una strada che possa portarle al cielo, che dobbiamo considerare il più grande guadagno del mondo, come risulta da Daniele 12:3), sono diventato, o mi sono fatto, il servo di tutti; non il servo delle loro concupiscenze e corruzioni, (questa è la via per perdere le anime degli uomini e distruggerle, non per guadagnarle), ma un servo delle loro debolezze e infermità, per quanto non fossero peccaminose: Mi sono negato nella mia libertà, e mi sono determinato in quella parte delle mie azioni, che vedevo come più utile, utile e affettuosa per loro, e per portarli ad amare di più il vangelo.
Perché sebbene io sia libero da tutti gli uomini,…. Come apostolo, essendo nella più alta carica della chiesa, non aveva nessuno superiore a lui, che potesse esercitare alcun potere e autorità su di lui, ed era anche indipendente dagli uomini per il suo mantenimento, che otteneva con il lavoro delle proprie mani: anche se si può osservare che la parola “uomini” non è nel testo originale, e la parola “tutti” può riguardare sia le cose che gli uomini; e il senso è che egli era libero, come dalla maledizione della legge morale, così dal giogo della legge cerimoniale, e da tutti i rituali di essa, e poteva, se voleva, fare uso della sua libertà cristiana; i versi seguenti sembrano inclinare a questo senso, come i precedenti al primo:

ma mi sono fatto servo di tutti; predicando fedelmente e indefessamente il Vangelo a loro; subendo ogni sorta di afflizioni e persecuzioni per amore di quello e di loro; comportandomi verso di loro con ogni mitezza e umiltà; accondiscendendo alla loro debolezza e adattandosi alle loro capacità e costumi:

per guadagnare di più; più di quanto abbiano fatto altri apostoli, o di quanto si possa ragionevolmente pensare che egli debba fare, se si fosse comportato in modo più signorile e dominante: il suo fine non era quello di accumulare ricchezze, di guadagnare ricchezze e tesori di cose buone per sé, ma molte anime a Cristo, che altrimenti sarebbero andate perdute; ma essendo portate alla conoscenza di Cristo, e alla salvezza da lui attraverso il suo ministero, fu un guadagno per loro, e un guadagno per Cristo: La metafora è presa dai mercanti, che non risparmiano alcuno sforzo, ma adottano ogni metodo per acquisire guadagno e profitto; i ministri della parola sono mercanti spirituali, il loro traffico è nelle anime degli uomini, che essi sono studiosamente e ansiosamente attenti a portare a Cristo.

Infatti, pur essendo libero da tutti gli uomini, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnare di più.

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